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Padri

by SomaRionda

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    Vinile 12" di Padri con incluso un inserto contenente testi e fotografia realizzata da Jacopo Grassi.

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1.
chi sei? cosa vuoi? dove vai? qual’è il tuo posto?
2.
A te gli occhi e ti son dentro, come avvolto dalla luce tua ciò che ho intorno si è dissolto a perdere di intensità bulbo smorto di una lampadina fulminata ovvio che lo si dimentica a confronto col tuo furbo mondo dove ogni cosa è retroilluminata la mia distrazione concentrata qui nel grande adesso sennò chissà se mi ricorderei di te se tu non mi ricordassi di essere questo me stesso lo ammetto, mi piaccio un pò di più nel tuo riflesso e non sarei corretto a definirti specchio, no mi fai da occhio, bocca e orecchio sei la magia nel tocco, la gioia del negozio sempre aperto sei tutto ciò che cerco ancora prima di volerlo la vetrina nuova il carosello in giostra nube azzurra con la memoria mia riposta dentro hai la mia storia, vinco un proscenio per essere al centro lo sai bene che ci tengo e che un legame così stretto io non l’ho sentito mai ti chiedo di promettermi di non andartene in stand-by No! Che ti succede adesso?…e pensare che eri solo una cabina! Una cornetta! Un soprammobile! Era forza, spinta, pressione d’uomo solco tracciato con manoE ora del segno del tempo una volta esistito non resta niente Solo un presente sfuggito al passaggio di un dito Non c’è passato ma un presente già andato al passaggio di un dito Finalmente fai ritorno, prima luce del mio giorno da accreditato navigante è dentro te che sfogo il mio bisogno senza il minimo ritegno, dissociato quanto basta vado alla valaccavegno, me la saltello un pò qua e la così di palo in frasca, sotto il polpastrello ho un mondo che si tasta e quindi [sfioro un pò] la pelle degli eventi scorro via veloce zigzagando tra frammenti a frotte provo insieme tutti i sentimenti ma in formato pocket nel sensazionale che un pò shocca [ma anche no] il mio dito tocca tutto ma a me niente mi tocca [oramai lo so] che sono una vittima dei tempi e che oramai la vendo cara la mia pelle d’oca se per curiosità chiedessi diagnosi direbbero “sei affetto da normalità” e pensandoci son medio problematico solo come tutti quanti vivo nello zapping telematico ultracompulsivo c’ho una scimmia da dispositivo che combino ad una sindrome da aperitivo per cui assaggio un pò di tutto finché non son sazio penso che gravito nel mondo quando in realtà c’ho un dito indice in un angolo di cyberspazio [...io,io,io...]
3.
Questa è una storia di sole, di terra, di mare...e di caldo l’estate più calda che la terra ha sentito il bacio più lungo con la lingua di fuoco della bocca del sole il nervo che salta, nessuno che lo ha tenuto con la gente che batte in testa, la pazienza si rompe e sembra di essere in uno zoo quella volta il sole con i coglioni che sembravano mele aspettò ancora un momento stanco di quei due bacini dalla Terra degli uomini le voleva frugare con tutta la sua lingua dentro sperando che ci stesse e senza calcolarsi le conseguenze gli si avvicinò un pò di traverso poi una volta addosso l’acchiappò con tutto il calore e la passione dell’universo un bacio pieno di voglia, la cucinò sul fuoco come un cuoco con la sua teglia si può capire perchè ora il mondo bolle guarda, le città chiuse, le cicale che più che cantare sembra che le hanno prese e strozzate e poi girare di eliche e ventilatori, ventagli e condizionatori uomini al coperto e zanzare con la rabbia la città sembra un film di cowboy col caldo del deserto quando il ventro struscia la paglia e senti un pò laggiù un bus di uomini schiacciati che fanno a gara a chi grida di più con tutto il calore che da sotto va in su il gabbione dello zoo è aperto e non si sa più chi lo chiude questo cielo tirchio d’acqua fa si che si scalda la terra e soffia aria di umido, fa patina di viscido, abbiamo il male del tropico... un cielo senz'acqua, quand'è che viene giù? l’estate più calda che la terra ha sentito il bacio più lungo con la lingua di fuoco della bocca del sole il nervo che salta, nessuno che lo ha tenuto con la gente che batte in testa, la pazienza si rompe e sembra di essere in uno zoo dunque la terra era tutto un bollire un caldo così non si era mai sentito tra quelli che battevano in testa c’era anche il mare, o meglio “la madre” così chiamata da quel cullare le creature lei prese provvedimento in proprio senza più vento a pettinarle le creste che il sole di prepotenza le asciugò quel soffio perse la pazienza, si ritirò dalle coste senza dire niente a nessuno cambiò direzione, levò quel blu da terra e lasciò marrone si dette alla fuga per non avere crucci, si tirò dietro i suoi pesci e via dai bagnasicuga prima che diventasse un mare di sushi prese il via e giù per la buca del triangolo delle Bermuda in maniera sicura con un bel salto andò a bagnare un pianeta altro dove ci fosse un pò di vento, di frescura, di fresco ma il casino scoppiò nei confronti del Sole quando lo hanno saputo quelli dell’Unesco “senti Sole, per la tua colpa e delle tue palle gonfie, coglione, i turisti non possono più farsi i selfie con il mare dietro guarda che è sparita la linea degli orizzonti la terra è tutta di crateri e di monti, non ci siamo vedi di abbassare il calore sennò ti spengiamo e ne troviamo un altro che consuma meno e poi vedi di chiamare il mare o meglio “la madre” e dille di tornare di corsa, subito! il sole con i raggi tra le gambe fece tornare il mare o meglio “la madre” e anche il vento sopra lei a soffiare e a fare fischi tornò il blu a pitturare la terra tornò la riga degli orizzonti dentro ai selfie dei turisti
4.
5.
Dat aora en anante l’emperator, lo papa et li principes civitatis, estabilises che de sorva el poder et alli homines sancti in burla manera no se puote sblaiar et giastemare et inharmonie inmunde bibrare. Codelo tipo de simia homines, como blateri istriones, ioculadores, claudi, manci et aotra specie meretrices, sgami de lo tempo de iusto cristianis et cultores diaboli, qui eos at tali peccatum mirari, serà reo de verbera et castigato par mortem avec lazo si dominus placet. En vexe codeli chi cantan et exaltan gesta principum et vita sanctum et fascio superhomines grata sunt porchè exortan lo poder ad continuo infinitum Noi vecchi rimasugli di una vecchia banda diavola cagati qui così, ad azzardar di sopravvivere e più inveiamo il cielo più faville lui rimanda a maledirlo ancora, senza una battutaccia con cui poterlo deridere gobbi con la faccia verso terra, schiena al sole e dai di vanga e se ci scappa una preghiera non è a ricucire l’anima ma per la tirchieria carogna di vostra signoria che sia magnanima e qualcosa a noi rimanga scampati dalla gogna per un pelo espiamo col lavoro tanta pena che l’arte nostra fu comunque vista a stregua di elemosina e così tanto zozza e oscena da meritar censura dannato il giorno in cui facemmo abiura mandando tutto in vacca, giurando la rottura con l’usanza che ci destinava curvi sulla zappa e risero di noi chiamandoci fratelli allattati da medesima follia baldracca Rispondemmo con più vanità raccattando un poco d’arte in sacca fummo girovaghi con facce come il culo e con lingue da acrobati sfoggiando acerbe abilità per qualche piazza finché la vocazione mise ognuno sulla propria traccia chi si invaghì delli denari, chi di una madonna pazza a chi il sapere picchiò in piena faccia schiaffo che zittisce chi s’azzarda quando incontrò i soprusi del castello Il suo potere ed il bastone di chi stava farne guardia ci fu chi s’appuntì negli occhi e negli scritti nei villaggi corse voce dei misfatti perpetrati ai piani alti s’indignavano i bigotti però altri aprivano il borsello e ne giovammo tutti quando facevam cappello fu per tenerci zitti che il castello si adoperò col più feroce tra gli editti inviò un vassallo con l’arringa che ci condannava ai giorni della cinghia e se non fu la fine dei cantori scimmia a noi ha pensato il tempo ad amputar la lingua le anime più accorte invece si trovano pronte confessarono gli sbagli, un tocco di cerone, un berretto coi sonagli e furono buffoni a corte con garanzia sul reddito ciò ha fatto scuola a chi è venuto al seguito adesso che fiumane di arlecchini in movimento sognan d’allietar signori tra pregiati vini e candelabri argento al castello fan la questua, pronti a mutilar l’orgoglio purché cali il ponte levatoio
6.
Dal 1977 c’è ancora chi persevera e non la smette mentre si accumulano dissolvenze, esami non passati di maturità Quel tempo chiama gioventù a raccolta mentre Travolta è in botta da Night Fiva l’Italia odia e ama in strada resta gente uccisa fugge Lama, muoiono Lorusso e la Giorgiana su Bologna i carri armati di Cossiga suona profondo il mare, suona Napul’è di Pino quando Rino intona la sua Aida grida l’ultima avanguardia e dopo il Vile Cabaret qui in provincia l’Adelina balla con il male che se la porterà con se in famiglia è forte il dramma un bimbo in pancia smania e scalcia però mangia a giudicar dal tondo della mamma che in un giorno di acque rotte, ore sette e cinque sei, sforna quattro chili e un etto con cavei sesso maschio sagittario con due belle gote e un’alterego di catarro che vuole soffocarlo in piena notte il bimbo dorme poco e male con il muco come compagno amico di strusciate sui polsini del grembiule alla scuola elementare è un bimbo lento “Signora questo qui è un distratto cronico che sta nei mondi suoi a statuto autonomo e consegna fuori tempo fate qualcosa subito se non volete che sia eterno ultimo” il bimbo si fa ometto col suo cervellino avverso al calcolo e alla logica è buono per il tratto grafico con mano di mancino non per la carriera in elettronica perciò la direzione vira sotto la catena Apuana nelle terre di Carrara, dove ancora si respira sano e tira una bell’aria libertaria ma è l’epoca che esige una tariffa oraria e anche il più lento avrà il suo appuntamento con la storia C’è la scimmia per la pagina quando non è più bianca per il nero del carattere da stampa per il detto dalla Bic sopra la cartapaglia a voce alta quando un chiunque infila sillabe con bocca di mitraglia e il funk lo esalta c’è un urlo che si alza, dice “state in guardia, l’incubo è imminente” un’altra gioventù chiamata alla raccolta inerme, poco pronta, garantita in niente massacrata anche stavolta tra le strade e le caserme tra i precari e i robocop, i Lilliput, il blocco, la città di Genova va a fuoco c’è chi raccatta quell’allarme e se lo porta in loco c’è un reato di tortura si, ma giusto giusto sedici anni dopo poi il ritorno da quell’ira, il rimbocco che motiva anti uniti da medesime incertezze nelle occupazioni di provincia dei primi duemila e per un pò la ciminiera vibra al 29 in Via delle Pianazze giunge la buriana che riquadra il “Noi” a “Io chi sono” un ometto in un riflusso nuovo titubante in ogni ruolo da impiegato fantozziano si domanda com’è giusto vivere quand’è così che ci ammazziamo quando il cancro del lavoro mangia mano a mano un tempo che non tornerà lui ancora sta nei mondi suoi a statuto autonomo contro il suo io biologico un anziano ancora in fase della pubertà
7.
ero un tipo tardivo ma il lavoro mi ha reso diurno e schivo e adesso giusto giusto all’ora arrivo ero un tipo tardivo ma adesso vivo giorni tutti uguali mi conforta stare solo coi miei pari compiacendomi dei miei riti astrali, imperniati su cicli fissi e ritmi circadiani maniacali ero un tipo tardivo guardavo il soffitto bianco e giuro con l’immaginazione da solo sbalordivo oggi sono stanco e provo fastidio quando vedo gruppi di persone io resto anfibio non posso piu temporeggiare non riesco a immaginare un mondo diverso anche quando sono scevro dal mio fare “Pensa a te stesso, non voltarti, fingiti fesso....fra il dire e il fare... preferisco comprare” Per quello che voi chiamate progresso la mia urgenza adesso è una pausa e sono stufo di scommettere solo su me stesso mentre siamo in tanti a sentire un mondo che vive in eccesso: (ma ditemi) com’è che siamo arrivati a tutto questo? con il sole mi eclisso sbrodolando parole ma senza gli allori mentre tu resti con gli arnesi dei lavori, noi creiamo all’infuori dello scopo e …chi s’ammazza per il pane, e chi si incazza per le sane abitudini che non salvano sta razza immane audiocompatti in audiocomparti suoniamo strafatti esterefatti dagli astri: è questo il lasciapassare per terra e per mare? voi che i porti lasciate nell’insieme terraque diteci: che speranze covate?
8.
Finalmente è giunta l’elettricità getta luce nuova sull’umanità l’aria si elettrizza di felicità ci illumina la vita nella sua totalità ora che è arrivata l’elettricità chissà quanti nuovi aggeggi accenderà tutti con la smania di comunicar nelle strade nei paesi in ogni angolo in città ...adoravamo la macchina, lo stile d’acciaio, i trasmettitori a valvole, gli aritmometri, le onde radio, le centrali elettriche, il nostro genio rivolto al futuro, il nostro intento figlio della macchina, nuovo di zecca e micidialmente elettrico... Quel tal sentì l’urlo del suo paziente vibrar così dentro l’aggeggio in rame fu più che evidente che la voce umana potesse viaggiar su corrente da un punto ad un altro di un qualsiasi ambiente da lì a un pò un mondo appena cablato si aggrovigliò un genialoide croato parlò di un domani di voci e messaggi inviati senza usare cavi fu genio ma poco avvezzo agli affari così un tizio più scaltro brevettò un’idea similar novità, gli uomini in tutta mobilità poter prendere a comunicar poi vennero guerre mondiali gli stati avanzati contro gli avversari inventarono calcolatori binari il conflitto raffreddò, l’uomo nuovo passeggiò sulla luna e in terra gli umani erano invasi da squilli di aggeggi industriali Si prepara al grande salto l’uomo nuovo inquadra nuove mete collega o ancora meglio connette un calcolatore all’altro nasce la rete che in breve si espande su enormi distanze l’elettroaggeggio pensante richiede attenzione più grande veste abiti civili da esterno quando svalica confini di governo e approda al bricolage di qualche smanettone dentro ad un garage Che in lui intravede un potenziale aggeggio adatto ad ogni umana sfera personale medesimo destino tocca al suo telecugino cioè lo squillo non è più solo per casa e comodino è destinato ad uno spazio piccolino nel privato della tasca di ogni piccolo individuo se da principio dieci ricchi sborano col nuovo simbolo un mercato florido fiuta il valore del consumatore singolo e mentre i chip evolvono in capacità di calcolo gli aggeggi affiorano a miliardi e già stravincono Nuova era tempo d’oggi squilla il chip la furbizia degli aggeggi sintetizza tutto in rapidi passaggi carne somatizza l’uomo sordo si consegna alla sua macchina che registra osserva elabora senza un tasto spegnimento vittima di un’ossessione ansia da ottimizzazione sta passando il tempo a forza di misurazioni senza più approssimazioni siam miliardi di coglioni che non han più un senso ...ora cantiamo il corpo elettronico, la bellezza nuova, quieta bianchezza delle forme, l’essenzialità elegante, l’onnipresenza del timer silente, celebriamo il bigdata, l’intelligenza degli aggeggi smart, l’abbondanza accelerata, la postidentità, i fotobiettivi con dentro noi, cantiamo il telelavoro, il weblavoro 24h, il lavoro ovvio svolto dalle macchine per noi, l’illuminazione a schermo, lo shopping maniacale, il nostro restyling, il grande reset, l’elettrificazione dei nervi, le protesi del cervello e la memoria nei dischi rigidi, noi cantiamo lo spazio in quanto ovunque e il tempo in quanto questo solo istante. Ora!
9.
Il piacere di prendere il tempo per quello che è senz’ansimar correndo lasciarsi quel tramonto indietro salutare con un ciao la rabbia poi andarsela a buscare l’alba a tendere un agguato a quella palla gialla bella da rapirla e insacchettarla poi nasconderne le piste proprio li quando il mattino non si scrosta ancora via le cispie ...e niente, saper essere paziente almeno per stamane grato ad ogni minimo frangente che ritorvi tra mille istantanee il meglio pure sopra al peggio male l’abbraccio a nodo con quel tuo fratello il giorno che a mancare fu suo padre il male a svaporare a libersene in volata sgusciare in scivolata via dal traffico smaniante con il ghigno, su due ruote, con l’ausilio delle sole gambe saper che il poco è un mucchio e tanto basta che basta la rotondità di cassa e basso a dare il picchio all’arripiglio e non aver da chieder meglio inaugurare un nuovo orgoglio svestirsi della delega vigliacca che ripara essere un sè che si dichiara incider l’aria con la punta della lingua, con la mano che declama senza più sentirsi in gara perchè oggi è tutto buono, niente ostacola è Renzo e Wilma che si tengono per mano la frignata di un bambino una fantela da paura che si scaccola non è il SI che lasci a tutti per sembrare un bravo fante piuttosto un NO serrato che ti salva il culo finalmente la testa per creare il petto per sentire le gambe per andare so che il meglio è già qua...

about

Somarionda è un intreccio di transiti e di stazionamenti. Una gestazione, eppoi una nascita, da due Padri. Due fratelli. Il rap, il funk, l'elettronica sono la matrice, ma ogni brano è una progressione: niente, o quasi, finisce come inizia.
C'e' un approccio 'nerd' sia alla musica che alle liriche, poco lasciato al caso.
Bud Lee e Othavio gravitano tra i suoni da diversi anni e dopo l'esperienza collettiva di LatobesodelaFazenda, si riuniscono in duo per piazzare un nuovo tassello. Provare a fissare un punto dove tutto sfugge. Nove frammenti di un viaggio tra il contemporaneo, l'autobiografico, la favola, lo spaesamento. Con un contributo di Dott.D.

credits

released December 19, 2020

SomaRionda sono: BudLee (idee e suoni) & Othavio (idee e scritti).

"PADRI" presa voci di Dario “Daddario” Casillo nella Nassa di Manarola [SP] tranne voce di Dott.D nel MicroBo - Bologna.
Chitarra elettrica in “Caödo” di Leandro Caserta.
Basso elettrico in “Prendere il tempo” di Luis Johannes Lawrence.
Mix e Mastering di Dario “Daddario” Casillo nei Cambusa Wave Studios di Reggio Emilia.

Logoconcept e realizzazione di Davide Katrametti
Artwork di Jacopo Grassi [www.instagram.com/jacopo.grassi.fotografo]
Grafica di SomaRionda

www.facebook.com/somarionda77
www.instagram.com/somarionda/

budleeeee.bandcamp.com
othavio.bandcamp.com

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SomaRionda La Spezia, Italy

Othavio & BudLee: dal Sud Liguria, un carico portato al giro, in girotondo

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